La scelta del vino -occorre premettere- non trova fondamenti se non in una chiacchierata conviviale; non sottostà alle regole dell’Oggettivismo, trae bensì beneficio dalla pari discussione e da piccole ma necessarie accortezze verso chi beve.
Consumatore, temperatura e abbinamento
sono le tre macro categorie che, quando giustamente intrecciate, permettono di tessere i fili del tappeto che conduce dall’enoteca alla tavola.
Il consumatore
Primo anche per importanza, coincide sperabilmente con chi acquista la bottiglia ed è quindi bene che i suoi gusti trovino gradevole riscontro nel vino acquistato.
Ricordare un vitigno che si è apprezzato, conoscere zone di vendemmia o produttori, avere limpido in mente il profumo di un bicchiere, o ancora saperne descrivere il grado di alcolicità e acidità sono dati importanti che restringono il campo di scelta ai vini migliori: quelli che vi piacciono.
La conoscenza di sé e dei propri commensali è un altro irrinunciabile passo da saper compiere: il padrone di casa che voglia sorprendere i propri ospiti è bene ricordi che la complessità di un vino lascia -non poche volte- perplessi i palati di chi lo consuma.
Un viaggio, che si possa chiamare tale, parte dalla semplicità dell’osservatore e continua crescendo con esso, traendo beneficio e insegnamento da un percorso lineare e paziente.
Chi con la propria tavola si approcciasse al mondo del bere, potrebbe guardare verso vini di pronta beva, con al massimo tre anni trascorsi dalla vendemmia riportata in etichetta.
L’approccio dovrebbe essere senza dubbio curioso e preferire cambi di bottiglia nell’arco del pasto. Brillat – Savarin, celebre gastronomo francese vissuto a cavallo tra il 1700 e il 1800, scrive a questo proposito in “Fisiologia del gusto”, sostenendo che oltre il terzo bicchiere del medesimo vino la lingua si satura e rende così meno gradevole il consumo della bevanda.
L’avvicinamento alla degustazione è infine l’ultimo scoglio per accontentare il consumatore: servire il vino coperto, magari con un panno, permette uno scambio d’opinioni imparziale e di sentimento; altre volte è sufficiente presentare la bottiglia e citare un paio di curiosità precedentemente annotate che permettono ai commensali di interessarsi alla storia dietro l’assaggio e, in secondo luogo, garantiscono a tutti la naturale evoluzione della propria cultura vinicola.
La temperatura
La temperatura trova al suo interno una ulteriore divisione: quella tra temperatura esterna e temperatura di servizio. Il controllo della temperatura è un’azione importante quanto antica, a Roma infatti era compito del “magister bibendi” stabilire a seconda della stagione quanta acqua -fredda o calda- andasse miscelata ai vini, serviti negli storici e pantagruelici banchetti.
La stagionalità, ovvero quali fattori climatici accompagnano la degustazione, segue indicazioni semplici: le temperature controllate e miti permettono il consumo di ogni vino, mentre le estati torride e gli inverni rigidi costringono a un occhio di riguardo.
Nei mesi caldi le scelte dovrebbero ricadere su vini rosati e bianchi freschi, di spiccata acidità e di pronta beva, con macerazioni brevi o a temperatura controllata; le bollicine sono una scelta semplice e apprezzata ma alcuni vini rossi -anche serviti freschi- trovano nell’estate la loro massima espressione di piacevolezza.
Il freddo permette invece di far ricadere la propria scelta su vini più complessi, con passaggi di affinamento in legno o in acciaio, invecchiati e dalle note alcoliche.
Occorre infine ricordare che il clima non agisce solo sul vino, ma anche sul metabolismo e sull’alimentazione: un vino rosso potrebbe risultare tanto sgraziato d’estate quanto un vino bianco rischierebbe di parere insipido se bevuto in inverno.
La temperatura di servizio, dall’altro lato, varia dai 4-6 °C per gli spumanti secchi fino ai 16-18 °C per i vini evoluti e di grande struttura. L’importanza di questa componente è dovuta grandemente all’aumento di percezione nei nostri organi gusto-olfattivi durante la degustazione di un vino servito alla giusta temperatura.
I tannini, presenti nei vini rossi -ma anche bianchi- che hanno avuto una macerazione più o meno lunga, aumentano la loro percezione man mano che si abbassa la temperatura di servizio. È quindi necessario, per rendere l’astringenza piacevole e non dura, servirli a temperature controllate, aiutandosi se necessario con un passaggio in frigo per un tempo che può variare dai 10 ai 30 minuti.
La componente acida, soprattutto presente nei vini bianchi giovani e maggiormente negli spumanti, ha invece un indice di sensazione contrario: più bassa è la temperatura di servizio, maggiore è la dolcezza che scaturisce dall’ingentilimento della freschezza e della sapidità.
Un ultimo e importante accorgimento, specialmente nei mesi estivi, è la refrigerazione dei calici tramite l’uso di acqua e ghiaccio: questo permette al vetro, nell’accogliere il vino, di avere una temperatura controllata e di non provocare sbalzi termici alla bevanda.
La temperaturatrova al suo interno una ulteriore divisione: quella tra temperatura esterna e temperatura di servizio. Il controllo della temperatura è un’azione importante quanto antica, a Roma infatti era compito del “magister bibendi” stabilire a seconda della stagione quanta acqua -fredda o calda- andasse miscelata ai vini, serviti negli storici e pantagruelici banchetti.
La stagionalità, ovvero quali fattori climatici accompagnano la degustazione, segue indicazioni semplici: le temperature controllate e miti permettono il consumo di ogni vino, mentre le estati torride e gli inverni rigidi costringono a un occhio di riguardo.
Nei mesi caldi le scelte dovrebbero ricadere su vini rosati e bianchi freschi, di spiccata acidità e di pronta beva, con macerazioni brevi o a temperatura controllata; le bollicine sono una scelta semplice e apprezzata ma alcuni vini rossi -anche serviti freschi- trovano nell’estate la loro massima espressione di piacevolezza.
Il freddo permette invece di far ricadere la propria scelta su vini più complessi, con passaggi di affinamento in legno o in acciaio, invecchiati e dalle note alcoliche.
Occorre infine ricordare che il clima non agisce solo sul vino, ma anche sul metabolismo e sull’alimentazione: un vino rosso potrebbe risultare tanto sgraziato d’estate quanto un vino bianco rischierebbe di parere insipido se bevuto in inverno.
La temperatura di servizio, dall’altro lato, varia dai 4-6 °C per gli spumanti secchi fino ai 16-18 °C per i vini evoluti e di grande struttura. L’importanza di questa componente è dovuta grandemente all’aumento di percezione nei nostri organi gusto-olfattivi durante la degustazione di un vino servito alla giusta temperatura.
I tannini, presenti nei vini rossi -ma anche bianchi- che hanno avuto una macerazione più o meno lunga, aumentano la loro percezione man mano che si abbassa la temperatura di servizio. È quindi necessario, per rendere l’astringenza piacevole e non dura, servirli a temperature controllate, aiutandosi se necessario con un passaggio in frigo per un tempo che può variare dai 10 ai 30 minuti.
La componente acida, soprattutto presente nei vini bianchi giovani e maggiormente negli spumanti, ha invece un indice di sensazione contrario: più bassa è la temperatura di servizio, maggiore è la dolcezza che scaturisce dall’ingentilimento della freschezza e della sapidità.
Un ultimo e importante accorgimento, specialmente nei mesi estivi, è la refrigerazione dei calici tramite l’uso di acqua e ghiaccio: questo permette al vetro, nell’accogliere il vino, di avere una temperatura controllata e di non provocare sbalzi termici alla bevanda.
L’abbinamento
Per concordanza o per contrapposizione, guarda al singolo piatto per poi scomporlo in ogni sua caratteristica: dolcezza, acidità, sapidità, amarezza, succosità e oleosità.
Il singolo alimento, dotato di una sua peculiarità, nel percorso sino alla tavola evolve, espande e decresce le sue proprietà organolettiche facendosi influenzare da fattori climatici, da azioni umane, dalla cottura, dalla conservazione e infine dalla temperatura di servizio.
La concordanza, come suggerito dal nome, basa il suo principio su un meccanismo equilibrato che vede una caratteristica dell’alimento trovare il perno di lancio nel suo uguale all’interno del vino. Le bevande e i cibi dolci trovano tra loro la migliore espressione di sinergia e -benché non manchino eccezioni- le morbidezze godono, nell’abbinamento per concordanza, di preziosi alleati.
La contrapposizione, invece, valutato il peso di una proprietà organolettica del cibo, cerca nella bevanda abbinata una diversità di ugual peso per far sì che l’annullamento dei due bilanci perfettamente le percezioni gusto-olfattive.
La sapidità -dovuta alla conservazione di un alimento o alla sua cottura- , l’amarezza naturale di un cibo e la salivazione prolungata tipicamente causata dall’acidità, trovano contrapposizione in vini dalle note dolci e fruttate.
La succosità, figlia di cotture brevi o aggiunta di liquidi, è contrastata dall’alcolicità; la tannicità bilancia invece l’oleosità.
La dolcezza, così come la grassezza, viene attenuata dall’acidità e dalla sapidità che trovano il massimo esercizio di stile nei vini frizzanti.
La piccantezza, infine, vede nell’abbinamento per contrapposizione la soluzione più ideale: preferire vini dalla spiccata alcolicità o bianchi di pronunciata dolcezza -serviti a basse temperature- garantisce equilibrio tra i sorsi e la pietanza.
La personale intraprendenza è sicuramente d’aiuto all’abbinamento del vino; un occhio attento alle mode, alle novità e ai venti di cambiamento permette al consumatore di agire in una maggiore area di sperimentazione.
Tenere d’occhio la gradazione alcolica delle bevande che si sono scelte, al fine di dar loro verticalità, è forse l’unico accorgimento sempre opportuno.
Leave a reply
Devi essere connesso per inviare un commento.